L'avvocato e la psichiatria forense
L’avvocato e la Psichiatria forense
1. Premessa.La malattia mentale ed il processo penale.
La malattia mentale viene comunemente definita come uno stato di sofferenza psichica, prolungato nel tempo, che incide sul vivere quotidiano dell’individuo, causando problemi sul piano affettivo, socio-relazionale e lavorativo.
Nel momento in cui questo stato di sofferenza psichica si esplica in una condotta capace di ledere una norma giuridica penale, si pone il problema oltre che della valutazione del fatto-reato commesso, anche della valutazione della imputabilità di chi lo ha commesso, ossia se in quel frangente l’autore era capace di intendere e di volere e quindi ha consapevolmente o no, violato la norma penale.
In casi simili il Giudice investito della questione, al fine della valutazione della capacità di intendere e di volere, deve, attraverso un professionista esperto, disporre la perizia psichiatrica del reo.
La perizia psichiatrica, per l’appunto, è una consulenza psichiatrica disposta dal Giudice procedente il quale si avvale di una persona esperta in materia di psicopatologia e igiene mentale nel campo psichiatrico, ossia dello psichiatra forense.
Si richiedono al perito l’accertamento di determinati fatti e la conoscenza di particolari nozioni tecniche nel campo psichiatrico.
Oggetto specifico della perizia psichiatrica è l’accertamento della capacità di intendere e volere dell’imputato, la sua condizione psico-fisica al momento del fatto reato, la pericolosità sociale, la sua capacità cognitiva di stare in giudizio, ossia di comprendere finalità e metodi del processo in cui è coinvolto ed anche eventualmente la sua compatibilità con il regime carcerario.
Come ognun vede, un raggio di problemi notevole per i quali il processo penale nel suo complesso si affida alla scienza perchè analizzi il comportamento umano e lo rappresenti al fine dell’applicabilità, o meno, di norme del diritto penale.
2. Analisi scientifica della persona ai fini di determinarne la imputabilità e difensore.
La perizia è collocata, nell’ambito del codice di rito penale, tra i "mezzi di prova” ed è disciplinata dagli artt. 220-233,ed è il mezzo attraverso il quale si acquisisce al procedimento un elemento che serve per la decisione.
Come è noto, la perizia sia in ambito penale che in ambito civile, può essere soltanto psichiatrica, in maniera perentoria l’art. 220 c.p.p. vieta sia la perizia psicologica che quella criminologica.
Fanno eccezione gli accertamenti peritali volti ad indagare sulla attendibilità di un testimone,sulla deficienza psichica in tema di circonvenzione di incapace, sulla inferiorità psichica in tema di reati sessuali, sull’immaturità in tema di minore età.
La perizia psichiatrica molte volte viene disposta sulla persona dell’imputato, prima che venga materialmente accertata la sua responsabilità: ne consegue che la perizia che accerti preventivamente all’analisi del fatto, la non imputabilità dell’imputato e la sua pericolosità sociale, conduce a disporre una misura di sicurezza a chi non è certo che abbia commesso un fatto penalmente rilevante.
In ogni caso attraverso l’analisi del comportamento, e l’utilizzo di strumenti psicodiagnostici, il perito, una volta accertata una infermità deve determinare se la stessa è stata capace ed idonea a causare, al momento del fatto, un vizio totale o anche solo parziale, di mente.
Quale è, dunque, l’attività ed il ruolo del difensore dell’imputato in tale fase.
Il difensore e il Pubblico Ministero possono sollecitare una perizia psichiatrica nel corso del procedimento, oppure può accadere che di ufficio il Giudice disponga perizia.
Perizia sollecitata dalla difesa dell’imputato.
In tali casi sarà il difensore a corroborare la richiesta con documentazione idonea a basare un accertamento sulla imputabilità. Pertanto se l’imputato è in carico al Centro di Salute Mentale, o in passato è stato in cura per episodi di scompenso psichico, o è assuntore di psico farmaci, sarà cura dell’avvocato che lo difende di versare nel fascicolo processuale certificazione attestante le problematiche in materia di sanità di mente del proprio rappresentato e sulla base di quelle chiedere che il Magistrato Giudicante nomini un perito psichiatrico al fine di accertarne la infermità capace di incidere sulla capacità di intendere e di volere.
Ancor meglio sarà se la difesa sarà in grado di produrre già una consulenza di parte che sostenga la ipotesi della infermità mentale.
In tal caso gli obiettivi della difesa sono oltre che la dimostrazione della non imputabilità del proprio assistito anche, e sempre direi, la salute del proprio assistito e l’accertamento della sua pericolosità al fine di un suo successivo e graduale reinserimento nella società.
Perizia disposta dal Giudice procedente.
In altri casi il difensore dell’imputato deve prendere atto che vi è una richiesta di accertamento della imputabilità che promana dal Giudicante, magari sulla scorta di una consulenza disposta dal Pm, o da una sollecitazione in tal senso effettuata dalle parti processuali, o dalla evidenza dei fatti accaduti.
La perizia può essere disposta in indagini preliminari, con incidente probatorio. La norma dell’art. 392 c.p.p. contempla due casi in cui è possibile procedere all’espletamento di una perizia in fase di indagini: a) qualora questa si concreti in un accertamento irripetibile per essere la persona, la cosa o il luogo soggetto a modificazione non evitabile; b) nella ipotesi in cui, se disposta in dibattimento, ne determinasse una sospensione superiore a sessanta giorni.
La perizia può altresì, essere disposta in dibattimento (art. 508 c.p.p.) . La sua ammissione è assolutamente discrezionale, essendo rimessa al giudice di merito, anche in presenza di pareri tecnici e documenti medici prodotti dalla difesa, la valutazione della necessità di disporre indagini specifiche.
La perizia è quindi sottratta al potere dispositivo delle parti il cui diritto alla prova è altrimenti salvaguardato mediante la facoltà di effettuare proprie consulenze tecniche e attraverso la sollecitazione la Giudicante perché nomini un perito.
In tal caso l’atteggiamento del difensore non deve mutare quanto agli obiettivi: salute dell’imputato e accertamento della effettiva pericolosità.
I mezzi a disposizione della difesa sono la nomina di un consulente di parte che segua le operazioni peritali e, in ogni caso, la correttezza nell’espletamento della procedura.
La scelta difensiva è molto importante e deve avere come obiettivo la salute dell’imputato.
Il riconoscimento della infermità mentale e quindi della non imputabilità o della imputabilità parziale ( riconosciuta dal codice come attenuante ex art. 89 c.p.) attiene alla strategia difensiva e quindi agli obiettivi che la stesa persegue.
Ottenere il riconoscimento della non imputabilità può essere soddisfacente dal punto di vista della mancata applicazione di una pena, ma può aprire le porte, nel caso di riconoscimento della pericolosità sociale, alla applicazione di misure di sicurezza contenitive sempre rinnovabili fino a quando la persona non avrà dimostrato di non poter più nuocere agli altri: questione ingarbugliatissima e che può vedere il soggetto interessato sottoposto a trattamento per decenni.
Pertanto percorrere la strada della non imputabilità è una scelta da ponderare bene in simbiosi con i medici e specialisti di psichiatria forense.
3. L’avvocato e la psichiatria forense.
Come deve porsi quindi il difensore dinanzi alla psichiatria forense e quali devono essere i suoi rapporti con i consulenti di parte o con il perito.
E’ ormai dato acquisito che l’utilizzo del sapere scientifico nel processo penale ha dato vita al "Dilatarsi qualitativo del campo di lavoro giudiziario. Si sono ampliati i settori di indagine, si è compiuta la decodificazione cioè si sono affermati corpi normativi non presenti nei codici ma in leggi apposite,e la tutela penale si è strutturata in microsistemi con statuti autonomi”,così scrivono gli autori, Fulvio Gianaria e Alberto Mittone, del testo "L’avvocato nel futuro” (ed. Einaudi, 2022).
Questo significa che il penalista deve in continuazione rapportarsi con esperti scientifici (tecnici, grafologi, periti contabili, psichiatri ecc.) che introducono dati importanti ai fini della decisione e con loro svolgere un lavoro in sinergia, se consulenti di parte, oppure di verifica e controllo, se possibile attraverso i propri consulenti, se periti di ufficio.
Dato per scontato che la scienza è fallibile (valga per tutte la affermazione di Popper: "La storia della scienza è un cimitero di idee sbagliate”) e il dato scientifico è sottoponibile a varie interpretazioni, il difensore, deve porsi nei confronti dello scienziato con attenzione e umiltà ma con spirito critico.
Il rapporto con lo psichiatra che si occupa del caso processuale è un rapporto particolare, anche perché spesso le parole usate in psichiatria e che racchiudono fenomeni umani e personologici complessi, possono apparire oscure all’esperto di diritto ed hanno bisogno di essere decodificate.
Spesso (o quasi sempre) andiamo al nocciolo della questione e ci concentriamo sulle conclusioni del perito: l’imputato era capace, era parzialmente capace, era incapace? Per immaginarci quali possono essere gli esiti processuali della causa che stiamo trattando.
Invece l’elaborato peritale ha una sul storia ed una sua logica dalla quale si possono attingere dati importanti per la interpretazione del comportamento dell’imputato e pertanto va approfondito, studiato, interpretato
Ed allora, una buona cultura di base, in materia, è necessaria, comprendere ad esempio le differenze tra malattia e infermità, e comprendere che la infermità è un contenitore più ampio di malattia, sapere quali siano gli stati psicotici, comprendere che le c.d. "neuroscienze” consentono, con procedure sofisticate (tomografia computerizzata, risonanza magnetica per immagini) di visionare l’interno del cervello, conoscere qualcosa della storia della psichiatria, attraverso ad esempio la lettura delle opere di Michel Faucault ( ad es. "Follia e psichiatria” editore Cortina) o di Bruno Cassinelli ( "La Storia della Pazzia” ed. Dell’Oglio), è utile e necessario per un più corretto e avveduto contatto con il mondo della psichiatria forense.
Sapere che la storia recente della psichiatria è passata attraverso la "necessità della contenzione”, alla chiusura dei manicomi (Legge Basaglia) , alla "idolatria di una cura unicamente farmacologica” ( l’espressione è di Eugenio Borgna "L’agonia della psichiatria” ed. Feltrinelli 2022) e quindi ha dovuto affrontare, pee prima, gli effetti nefasti sulla persona della pandemia e del lockdown, è utile per comprendere tante situazioni.
Così come sapere che molti psichiatri coltivano il metodo del "dialogo con il paziente” come il principale percorso per ottenere il risultato del benessere mentale o dell’attenuazione della pericolosità,e cioè l’esistenza una sorta di "psichiatria radicalmente alternativa a quella che dedica ai farmaci ogni strategia e cura” ( sempre Borgna pag. 28 dell’opera citata), accresce il bagaglio di nozioni per poter comprendere le dinamiche della imputabilità e soprattutto della pericolosità che spesso e troppo a lungo, limitano le libertà dei nostri assistiti.
Dal punto di vista informativo e della preparazione specifica, anche al fine dell’esame o controesame che effettueremo nei confronti del perito o dei consulenti nel corso della loro audizione, è utile saper consultare quel vero e proprio pilastro in materia rappresentato dal "trattato di psichiatria forense” di Ugo Fornari , edito nel 1984 ma aggiornato ben cinque volte, al quale tutti gli psichiatri forensi fanno costante riferimento, ed è ancor più utile seguire il prof. Guglielmo Gulotta nella sua costante analisi del problema della imputabilità ( "Psicoanalisi e responsabilità penale” ed. Giuffrè ), vero e proprio faro per i penalisti che affrontano le tematiche della psichiatria forense.
Ed è proprio due concetti espressi da questi grandi autori, ritengo, debbano accompagnare, costantemente, il penalista nel rapporto, complesso, con la psichiatria forense.
Il primo, che sintetizza cosa ci si deve aspettare dal perito psichiatra e che Fornari così esprime: "Il perito deve ricordare che non è un dispensatore di vizi di mente, né un funambolo della psichiatria. Tanto meno gli compete accertare la verità o indurre il periziando a confessare, giocando su proprie, presunte o reali, abilità inquisitorie. Egli deve essere solo un attento, scrupoloso, corretto esecutore del suo dovere peritale, al quale limiti perentori sono stabili- de jure condito- dai codici (Ugo Fornari , Psicopatologia e psichiatria forense Utet 1997).
Tale asserto ricorda al difensore i limiti, il perimetro entro in quali il perito deve muoversi e dai quali non può sconfinare.
Il perito deve disvelare quanto è stato oggetto di quesito, ossia se l’azione del periziando deve essere intesa come espressione di criminalità oppure di malattia mentale.
Il secondo basilare concetto, ricordando sempre che il nostro diritto penale è il diritto penale della volontà, è espresso da Gulotta nella prefazione al testo sopra citato.
L’autore ci ricorda che "il fondamento della imputabilità è la capacità di reato, o meglio di colpevolezza” e che, parafrasando e riprendendo la famosa sentenza della Cassazione a Sezione Unite Donati (9163/059 dell’8.3.2005) che ha fatto rientrare i gravi disturbi della personalità nel concetto di "infermità” per il riconoscimento del vizio parziale o totale di mente, afferma che la "volontà umana può dirsi libera nella misura in cui il soggetto non soccomba passivamente agli impulsi psicologici che lo spingono ad agire in un determinato modo, ma riesca ad esercitare poteri di inibizione e controllo idoneo a consentirgli scelte consapevoli tra motivi antagonistici”.
In sintesi: sapere quale accertamento si chiede alla psichiatria forense, con quali modalità e con quali obiettivi riverberanti sul processo e sulla posizione del proprio assistito, è il fondamento per un rapporto corretto tra difesa e psichiatria forense.
31 luglio 2021 avv. Filippo Castellaneta