FUNGIBILITA' DELLA PENA. CASI ED EFFETTI.
PENALE/ Fungibilità della pena. Diritti del condannato e limiti di applicabilità.
E’evidente che la custodia cautelare (un tempo "carcerazione preventiva”) che la persona imputata si trova a subire si risolve in una anticipata esecuzione della pena.
Pertanto deve essere computata nel conteggio finale di determinazione del trattamento sanzionatorio.
Il concetto di "fungibilità della pena” venne primariamente elaborato da dottrina e giurisprudenza e poi inserito nel codice di procedura penale, per l’appunto al fine di eliminare palesi iniquità che in concreto potevano verificarsi nel rapporto tra espiazione della pena e carcerazione preventiva.
Nel codice di procedura penale vigente il principio è consacrato nell’art. 657 c.p., a mente del quale il pubblico ministero nel computare la pena detentiva da eseguire calcola il periodo di custodia cautelare subito per lo stesso reato o per altro reato ed anche se la custodia è ancora in corso.
Il Pubblico ministero computa anche il periodo di pena detentiva espiata per un reato diverso quando la relativa condanna è stata revocata, quando per il reato in questione è stata concessa amnistia o quando è stato concesso indulto e nei limiti dello stesso.
Naturalmente il condannato ed il suo difensore possono chiedere alla Procura di applicare l’istituto giuridico della "fungibilità della pena” nel determinare la sanzione effettivamente applicabile alla persona e detratti i periodi di custodia cautelare sofferti per processi ancora in corso nonché le pene sofferte per reati per i quali poi è intervenuta una sentenza di revoca della condanna.
Il quarto comma della norma citata pone, invero, un importante limite e cioè che "in ogni caso sono computate soltanto la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire”.
Questo significa che l’istituto della fungibilità della pena opera soltanto quando la carcerazione espiata intervenga dopo la commissione del reato per il quale è incorso l’accertamento della pena da eseguire.
Vale a dire che il condannato potrà far detrarre dal calcolo un periodo di custodia cautelare o di pena sofferti per un fatto commesso dopo l’altro fatto per il quale si sta procedendo a calcolare il trattamento sanzionatorio.
Come ha sottolineato la Cassazione (ex multis sentenza della I sez. penale n. 3882/2018 del 10.10.2018), la ratio della previsione si coglie sotto due distinti profili, che sono da un lato, quello di evitare che l’istituto della fungibilità si risolva in uno stimolo a commettere reati, trasformando il pregresso periodo di carcerazione in una "riserva di impunità” utilizzato per elidere le conseguenze di futuri illeciti penali; e dall’altro, quello di mantenere negli stessi casi alla pena, pur se scontata mediante l’imputazione ad essa della ingiusta detenzione sofferta per altro reato, la funzione retributiva e preventiva, ad essa attribuita dall’ordinamento, garantendone la derivazione da un reato che risulti anteriormente commesso.
Tali principi sono stati confermati più volte dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 442 del 1988 e sentenza n.198 del 2014).
L’esposta conclusione non trova eccezioni neppure nelle ipotesi della applicazione in sede esecutiva della continuazione tra più reati oggetto di separate condanne e neanche nel caso in cui il reato al quale si riferisce la pena da eseguire sia un reato associativo.
Infatti nei reati permanenti, come quelli associativi, l’anteriorità del reato alla carcerazione ingiustamente sofferta deve essere verificata avendo riguardo al momento di cessazione della permanenza, e non a quello del suo inizio (Corte Cost. n. 117/2017).
A cura della redazione di www.modernlaw.it (studio legale associato Castellaneta, D’Argento & partners. MILANO.